Ceresole d’Alba fa parte di un vasto altipiano di terre argillose, che si estende dal Roero alla pianura del Po: le Terre Rosse del Pian alto di Poirino. Terre difficili e scarse di acqua, tanto che un tempo eravamo chiamati “i rasatà”, vale a dire i riarsi. Per questo ogni famiglia contadina aveva sul proprio podere una peschiera (“tampa” nel dialetto piemontese) per la raccolta dell’acqua piovana, usata poi per abbeverare il bestiame, irrigare i campi e fare il bucato. In questi stagni, da sempre, si sono allevate le tinche, che qui da noi si distinguono per la loro colorazione dorata. Da sempre sono state la vera specialità ceresolese, capace di attrarre, ai primi di settembre, in occasione della festa del paese, molti forestieri buongustai ai quali i ristoranti locali la propongono sia fritta che in carpione. Negli anni ‘50 con la trivellazione dei pozzi le peschiere persero la loro utilità, molte vennero abbandonate e così anche l’allevamento della tinca. Nel 1994, scongiurata l’apertura della discarica di Tenuta Palermo, davanti a quella enorme buca che avrebbe dovuto raccogliere rifiuti, con grave rischio di inquinamento delle sottostanti falde acquifere, Giacomo Mosso pensò, per contrapposizione, alle tante “tampe” disseminate sul territorio, nate un tempo a servizio, e non a danno, dell’agricoltura e del territorio. Fu così che decise di riavviare e potenziare l’allevamento delle tinche nelle peschiere di Cascina Italia dove oggi, a fianco dell’allevamento ittico, ha avviato anche il laboratorio di trasformazione.
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