Il ripieno è molto semplice e normalmente viene usato il vitello e il maiale, con l’aggiunta di verdure. Talvolta qualcuno si lascia prendere dalla vena creativa e ti potrà capitare di assaporare ripieni con l’aggiunta di carni bianche, salumi o altri prodotti del territorio. Ciò che caratterizza gli agnolotti delle Langhe è sicuramente il loro aspetto: sono spesso molto piccoli, irregolari, realizzati con una sfoglia sottilissima e soprattutto sono chiusi con un pizzicotto, il plin, che in alcune zone chiamano anche “pessià”. Che sarà mai questo pizzico? In fondo è solo un modo per imprigionare il ripieno all’interno di una sfoglia. Ebbene, ha un suo valore intrinseco: il plin è suggello di garanzia perché questa piccola azione impressa sulla pasta stringendo l’agnolotto tra pollice, indice e medio può essere fatta solo ed esclusivamente usando le mani. Un gesto che conferisce una forma tipica, riconoscibile tra le tante, ma soprattutto che è conferma di una preparazione casalinga. Una pasta che può essere servita con sugo d’arrosto, ma viene esaltata al massimo da un semplice condimento a base di burro fuso e salvia. Nella tradizione venivano consumati “al tovagliolo”, ovvero cotti in brodo, colati e serviti su un tovagliolo di lino senza alcun condimento e da consumarsi rigorosamente con le mani.